venerdì 4 ottobre 2013

L'utile arte della disconferma

Hai presente quando stai raccontando di come il tuo ragazzo ti abbia appena lasciato dandoti dell'isterica e improvvisamente quanto misteriosamente l'attenzione e la mano della zia Mirella vengono attratte da un pulviscolo sulla spalla del tuo maglione?

Hai tre possibilità:

a) ipotizzi che sul tuo maglione ci sia un pulviscolo così interessante da risvegliare il profondo interesse per la polvere già manifestato da zia Mirella a ridosso di Pasqua e dunque smetti di seccarla con le tue quisquilie;

b) le cionchi la mano con il machete che porti sempre con te (non si sa mai!), dando così ragione al tuo ragazzo quando afferma che sei isterica;

c) fai finta di niente e riprendi a parlare di te e del tuo ragazzo.

Opti per la terza e per un po' funziona. C'è perfino un inspiegabile momento in cui ti sembra che la zia Mirella ti ascolti e capisca quello che stai dicendo. Quand’ecco che, altrettanto inspiegabilmente, la zia Mirella si concentra sul tuo ombelico e esterna:

"Sbaglio o sei un po' ingrassata, ultimamente?"

E tu: "Deh, zia Mirella, ben cruda sei, ché i miei lamenti non movon l'alma tua a compassione, quanto invece può l'adipe o financo di polvere un grumo!".

Va be', forse in toni meno madrigalistici, comunque tenti di comunicarle la tua profonda frustrazione per la piega che ha preso la conversazione.

Diciamo che stai passando dalla metà-comunicazione (comunicazione con un interlocutore che non sembra interessato) alla meta-comunicazione (comunicazione sulla comunicazione).

"Ma certo che ti ascolto!" ti rassicura la zia Mirella "Cosa credi che non capisca quanto stai soffrendo? Mi dispiace, mi dispiace tanto per com'è andata tra te e… coso, là… come si chiama…?"

"Adinolfo, zia, Adinolfo."

"Ecco, Adolfo, appunto. Certo, quel nome è tutto un programma! E pure tu, sembra che te li cerchi col lanternino!"

Rinunci a correggerla sul nome e, poiché ami gli sport estremi, le domandi:

"Zia, ma tu che pensi che debba fare?"

"Oddio, il sugo!" zia Mirella prende a sciare verso la cucina sulle sue pattine e da lì aggiunge "Hai fatto bene a lasciarlo. E' un cafone, non ti merita. Vedrai che presto troverai l'uomo che fa per te. Io l'ho detto dal primo momento che... coso, lì, Adolfo non era la persona giusta."

Va be', mi fermo qui e passo alla parte noiosa del post (pensavi forse che la parte noiosa fosse quella sopra?).

Da questo esempio evinci che, per rispondere ad un ipotetico interlocutore, il quale ti sta avvincendo con pressanti domande su cosa ne pensi della proposta del suo dentista circa la cura di un ascesso isterico, hai quattro possibilità:

a) "sono d'accordo"

b) "non sono d'accordo"

c) "sono parzialmente d'accordo" (la mia preferita, soprattutto se ometti di dire con chi sei d’accordo e su cosa)

d) "che ha fatto la Roma?"

Quest'ultima, in particolare quando la Roma non gioca, è detta anche disconferma, poiché uno che si sente rispondere così mentre ti sta parlando del suo mal di denti, comincia a pensare che a te non importi nulla né della sua salute, né di lui né, aggiungerebbe Ignazia, di tutta la palazzina sua.

Per chi soffre di ansia definitoria, ecco dalla Treccani la voce “disconferma”: in psicologia, mancata o negata conferma della propria identità da parte degli altri attori sociali.

E ora, la pratica.

Per cimentarti nella fine arte della disconferma, ti occorrono soltanto:

a) una persona che pensi di starti dicendo cose importanti (non dovresti avere difficoltà a trovarne) e che abbia un’identità (possibilmente una sola);

c) una qualsiasi cosa da dire o da fare (sì, va bene anche un gesto: ricordi il pulviscolo?) che non c’entri niente con quello che il tuo interlocutore ti sta dicendo (e anche per questo non dovresti riscontrare difficoltà).

Se poi neanche così riesci a guastare la conversazione e a liberarti dell’importuno, puoi sempre ricorrere alla tecnica Martini.
Ma questa te la svelerò nel prossimo post.