mercoledì 3 giugno 2009

Fai più domande e limita i giudizi e le interpretazioni (anche riguardo a te stesso) - III parte

La prima domanda è: hai letto i post precedenti? Se non lo hai fatto, puoi farlo ora… o anche leggere il

Riassuntino: nei post precedenti si suggerisce di evitare di giudicare, di limitare le interpretazioni e soprattutto, per quanto possibile, di tenerle per sé. Si propone inoltre il personaggio della zia Mirella come causa prima di tutti i mali dell’umanità (le Mirelle mi perdonino).


Ma se uno non può giudicare o esternare le interpretazioni, cosa gli resta da fare in autobus, alla macchinetta del caffè, in fila alla posta?

La risposta è: le domande.

“Bene,” gongola zia Mirella “a proposito di domande, quando la smetti di fare il cretino e ti trovi un lavoro serio?”

Già, perché esistono due tipi di domande: le domande di chi vuole sapere qualcosa e le domande che nascondono interpretazioni e consigli.

Non è sempre facile distinguerle. “Che ore sono?” è solitamente una domanda del primo tipo: si presume che tu non sappia l’ora e desideri saperla da un’altra persona. Ma se quella persona ti ha appena rubato il Rolex, la domanda rientra nel secondo tipo, poiché cela il consiglio “amico, non fare il furbetto e ridammi la padella”.

In genere le domande non-domande sono introdotte da locuzioni come “Hai provato a…?”, “Lo sai che…?”, “Perché non…?”, “Ma questo accade perché…?”. Qualche esempio: dal meccanico, non ti parte la macchina e lui ti chiede “hai provato ad abbassare il freno a mano?” (consiglio: “abbassa il freno a mano”; interpretazione “solo un imbecille come te non sa che, prima di accelerare, occorre abbassare il freno a mano!”). Ti hanno appena pignorato casa e l’amica del cuore ti dice “Perché non provi a vedere il lato positivo della cosa?” (consiglio: “guarda il lato positivo”; interpretazione: “sei sempre il solito pessimista che non riesce ad apprezzare il vantaggio di non dovere più pagare l’ICI.”).

Questi due esempi dovrebbero essere sufficienti a comprendere che le domande che celano interpretazioni e consigli vanno evitate. Per quanto riguarda le interpretazioni, puoi leggere i due post precedenti.

Per quanto riguarda i consigli, ecco qualche ragione per evitare di darne (e ti consiglio di leggerle):

a) la persona potrebbe aver già provato ad applicare quello che tu gli stai suggerendo con nessun successo, nel qual caso tu saresti quanto meno inutile e la prossima volta chiederebbe il parere a zia Mirella;

b) la persona potrebbe aver considerato quello che tu gli stai suggerendo, ma non averlo ritenuto applicabile al suo caso (prossimamente parleremo della pervasiva sindrome del “Sì, ma per me è diverso!”);

c) la persona potrebbe non aver considerato quello che tu gli stai suggerendo e per evitare di sentirsi scema, poiché non ci ha pensato da sola, essere costretta ad ammettere che il suo caso è diverso (vedi sopra).

Le “vere” domande, invece - a me piace dire - sono quelle animate da genuina curiosità.
Curiosità per l’altro, per il problema, l’opportunità o la situazione che ti sta illustrando.


Imparare a porgere queste domande può davvero migliorare la qualità della tua comunicazione e delle tue relazioni e non è cosa che possa essere insegnata in un blog (ma in un corso o in sessioni di formazione one-to-one, sì! - fine dello spot).

Comunque la mia urgenza di vivere in un mondo migliore mi impone di darti delle indicazioni per fare domande funzionali, ed ecco quindi

quattro semplici regolette che puoi applicare a partire da oggi stesso.

1) Ascolta, ascolta, ascolta e ascolta quello che la persona ti dice, il modo in cui lo dice (tono di voce, volume, etc.) e osserva, osserva, osserva gli eventuali gestacci e boccacce con cui accompagna ciò che dice.

2) Prima di porre la domanda alla persona, domandati se c’è qualcosa che lei ha omesso o dato per scontato o qualcosa che non hai capito bene (molto probabile), che potrebbe essere interpretata in modi diversi o che ti sembra troppo generica. Se ce n’è più di una, scegli quella che ti sembra indispensabile per comprendere il resto.

3) Poni la domanda sull’argomento individuato al punto precedente manifestando, attraverso i gesti, il tono e il volume della voce, la tua volontà di essere aiutato a capire e, di tanto in tanto, aggiungendo nel tuo discorso frasi come “aiutami a capire…”, “magari per te sarà ovvio, ma io avrei bisogno di comprendere meglio…” etc. (da preferire a “non hai capito”, “non è questo il punto”, “la questione è un’altra”, “infila i guantoni e parliamone”).

4) Di tanto in tanto, riassumi quello che la persona ha detto per accertarti di aver capito bene non soltanto le singole frasi, ma la sequenza logica dell’intero discorso.

Rimarrai presto meravigliato da quante cose potrai imparare applicando queste semplici regolette nella tua comunicazione quotidiana.

Ma per rendere ancora più pratico il tutto ecco un esempio.

Zia Mirella (e chi sennò?): “Smettila di fare il cretino e trovati un lavoro serio!”
Il Nipote Avveduto Comunicatore (ascolta, riflette e invece di rispondere “zia Mire’, perché non ti fai un po’ gli affari tuoi?”, decide di investigare ulteriormente su quell’aggettivo “serio”): “Scusa zia, in che modo quello che faccio non ti sembra serio?”
ZM: “Be’, ti sembra un lavoro serio il coach? Non hai uno stipendio sicuro a fine mese. Il posto fisso ti offrirebbe la garanzia di avere sempre lavoro. Come coach, invece, oggi lavori e poi magari stai fermo due mesi senza guadagnare niente.”
NAC: (riassumendo) “Se ho capito bene, il mestiere di coach mi esporrebbe al rischio di trovarmi ad affrontare periodi in cui non guadagnerei sufficientemente.”
ZM: “Sì, e questo mi preoccupa, perché mi sono trovata a dover affrontare periodi in cui si faticava ad arrivare a fine mese e non vorrei che ti accadesse lo stesso.”

Come puoi notare, la zia Mirella, non è poi il mostro che pensiamo che sia, anzi si preoccupa per il nipote e, a modo suo, cerca di aiutarlo. Il dialogo è avviato; compito del nipote è adesso quello di investigare insieme alla zia se ci siano altri modi per non farla preoccupare e per non rinunciare, lui, al lavoro che ama.

Ricorda che questo modo di dialogare può anche dischiuderti un mare di vere e proprie opportunità al quale non riusciresti ad attingere se, invece di fare domande, ti limitassi a ribadire semplicemente le tue convinzioni.

E per incentivarti a sviluppare l’arte di porre domande, ecco un piccolo dubbio indisponente come solo Ignazia sa insinuarne: c’è gente che non diventa ricca perché pensa di non poterlo diventare e, invece di porre domande a chi lo è diventato, continua a tenersi strette le proprie convinzioni (lo stesso motivo per cui a me non si sviluppano gli addominali)...

... ma io non sono ancora ricco come Ignazia e di questo parleremo un’altra volta.

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